di Rino Genovese
Dopo le elezioni europee e il loro esito scontato rispetto alle aspettative (con la sola eccezione del crollo, ben al di là del previsto, del “populismo di centro” grillino), in un quadro generale caratterizzato dalla sostanziale tenuta dello status quo dell’Unione, non tarderanno a farsi di nuovo sentire i fautori di un’uscita dell’Italia dalla moneta unica. È ai loro supporters, spesso malamente informati o manipolati da abili demagoghi, che va consigliato il libro di Riccardo Bellofiore, Francesco Garibaldo e Mariana Mortágua, Euro al capolinea? (Rosenberg & Sellier), che, con il suo rigore critico e la radicalità delle argomentazioni, potrebbe far cambiare opinione a qualcuno di loro.
Anzitutto, qual era la caratteristica del capitalismo italiano dei bei tempi andati, quelli della liretta e delle sue “svalutazioni competitive”? Per rispondere basta ricordare ciò che diceva Augusto Graziani in una conferenza del 1994: “[…] questo ritorno a una politica della svalutazione come protezione delle esportazioni e della politica di sviluppo guidata dalle esportazioni è una politica che ha degli effetti diseguali dal punto di vista territoriale sullo sviluppo del nostro paese: perché avvantaggia largamente le regioni della piccola e media impresa esportatrici, mentre penalizza tutte le altre regioni che non sono in grado di trarre vantaggio dalla svalutazione. E poi è, ancora una volta, una politica di sostegno all’industria attraverso la svalutazione, e non attraverso l’avanzamento tecnologico” (citato a p. 102).