di Rino Genovese
Il mondo cosiddetto globalizzato è in realtà frammentato in un insieme di culture particolari che hanno in sé una notevole capacità di proiezione universalistica, ed è questo a distinguerle dalle forme di vita puramente locali che sono semplici comunità. Soltanto se si rifiuta una visione d’impronta pasoliniana – che vede nella globalizzazione un approfondimento della tendenza all’omologazione culturale, in continuità con una lettura diffusa negli anni sessanta e settanta del Novecento – ci si può fare un’idea chiara intorno al massiccio ritorno delle religioni sulla scena pubblica a partire dalla data simbolo del 1979, l’anno della rivoluzione iraniana con la sua imprevedibile (stando ai teorici di una modernizzazione ineluttabile) svolta teocratica. Il motivo di fondo di questo ritorno su scala planetaria è dato però più da una componente anticonsumistica, del tutto evidente nei fondamentalismi, che da una rassegnata sottomissione delle religioni al consumo – il quale poi altro non è che una sottosfera della più ampia sfera economica.
A una de-differenziazione delle funzioni sociali sotto il primato dell’economia (di un’economia finanziarizzata che tende a privare di autonomia la stessa politica, com’è stato possibile osservare negli ultimi decenni) fa da contraltare una tendenza de-differenziante incentrata sulla ripresa delle tradizioni culturali. Economia vs. cultura, dunque, o meglio vs. culture al plurale, considerando che la stessa sfera economica, in particolar modo attraverso la sottosfera del consumo, si fa cultura nel senso di una determinata versione dell’individualismo occidentale moderno nella modalità presentista dell’hic et nunc (meglio l’uovo oggi che la gallina domani, per dirla volgarmente). L’economia, con la prevalenza del momento del consumo su quello della produzione, ha così in larga misura capitalisticamente reincorporato il mercato nella più ampia comunicazione sociale (in maniera opposta alla diagnosi di Polanyi, quindi) grazie soprattutto alla fascinazione esercitata dallo sfolgorio delle merci estetizzate.