Il coronavirus ci ha fatto rendere conto che la salute non è un fatto privato che riguarda unicamente chi viene colpito dalla malattia e si trova ad affrontare difficili percorsi di cura, ma è una questione collettiva, che inizia prima dell’insorgere della malattia stessa, e tocca i luoghi e i riti della nostra esistenza. In tal senso, il confinamento è stata un’esperienza che ci ha obbligato a modificare le abitudini di vita e l’occasione per riscoprire le nostre case come luoghi da abitare e non più come dei pied à terre in cui tornare la sera per cenare, vedere la televisione e dormire. La casa, durante il confinamento, è diventata anche la nostra città, utilizzata tanto come spazio domestico quanto come ufficio, aula scolastica, palestra, trattoria, piazza, giardino… La vita sociale e pubblica è stata concentrata in uno spazio ridotto che in modo talvolta miracoloso è stato adattato a programmi diversi, sfruttando criteri di flessibilità e ricorrendo a espedienti di modificazione real time dei metri quadri di pavimento disponibili. Abbiamo potuto apprezzare i cambiamenti dell’architettura interna della casa, il fatto che i corridoi che separavano le stanze non esistono quasi più, e i soggiorni sono diventati degli open space attrezzati e multifunzionali. Il confinamento ci ha permesso di capire, in modo concreto, cosa sia una machine à habiter contemporanea: un congegno in cui ogni elemento abitativo (armadi, tavoli, sedie, mobili, sanitari, apparecchiature) occupa un posto perfettamente misurato per liberare lo spazio e non intralciare i movimenti dell’abitante, e anche un guscio costruito intorno all’abitante stesso come la chiocciola della lumaca. La moderna macchina dell’abitare, individuale e misurata al centimetro, si è evoluta. In particolare la casa contemporanea richiede comfort e qualità spaziali che non si conciliano necessariamente con la piccola dimensione dell’Existenzminimum. La macchina per abitare contemporanea è cioè uno spazio non smisurato ma neanche eccessivamente ridotto. Così come non è completamente individualista, ma una giusta miscela di individualismo e spazio sociale: una casa-città relazionale che implica anche lo spazio pubblico.
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