Ci sono miti culturali che consentono di riflettere sulla modernità a partire dalle sue radici, permettendo di indagarne gli sviluppi e le polarità fondamentali: tra questi, il mito della trasparenza che, nato in ambito architettonico con l’erezione del Crystal Palace di Londra nel 1851, da tempo non riguarda più soltanto la creazione di spazi caratterizzati da una totale reversibilità ottica di interno ed esterno, ma è ormai divenuto un concetto chiave del dibattito politico e sociale di tutto l’Occidente.
Con un taglio agile ma teoricamente agguerrito e un linguaggio che unisce rigore e scorrevolezza, Riccardo Donati affronta qui le tappe evolutive di tale fenomeno, seguendone la progressiva trasformazione da sogno a incubo attraverso lo studio di quelle discipline che da sempre hanno il compito di forgiare e diffondere i miti: la letteratura e le arti della visione. Da Thackeray a Dumas, da Dostoevskij a Ruskin, passando per il Novecento modernista di Tzara, Breton, Scheerbart, Benjamin, Joyce, Palazzeschi, Bontempelli, Duchamp, EjzenStejn, Zamjatin, fino ad autori del Dopoguerra e della contemporaneità (tra gli altri, Nabokov, Calvino, Rodari, Ballard, Romero), il presente saggio mostra come muovendosi costantemente tra i territori dell’immaginario e delle concrete pratiche costruttive, fuori e dentro il perimetro della storia (realmente vissuta o soltanto ipotizzata), intellettuali e artisti di tutto il mondo abbiano attribuito alle costruzioni diafane valori di segno opposto. Di volta in volta palazzi di vetro, case di cristallo, vetrine commerciali e teche trasparenti sono serviti a veicolare utopie libertarie e incubi concentrazionari, previsioni di un luminoso orizzonte egualitario e oscuri scenari di omologazione generalizzata, approdando infine, in questi ultimi anni, a vere e proprie visioni apocalittiche circa il destino della collettività.
Riccardo Donati (1978), studioso e docente di letteratura italiana ed europea tra Sette e Novecento, ha pubblicato tra l’altro I veleni delle coscienze. Letture novecentesche del secolo dei Lumi (2010); Le ragioni di un pessimista. Bernard Mandeville e la cultura dei Lumi (2011); Nella palpebra interna. Percorsi novecenteschi tra poesia e arti della visione (2014). Nel 2013 l’Accademia Nazionale dei Lincei gli ha attributo il “Premio Giuseppe Borgia” per i suoi contributi critici.