Da Rousseau ad Amazon, la strana storia del signor Casaleggio

di Michele Mezza

Forse in uno dei suoi più complessi e preveggenti aforismi, già alla fine degli anni sessanta, Marshall McLuhan ammoniva che il messaggio di un medium o di una tecnologia è nel mutamento di proporzioni, di ritmo e di schemi che introduce nei rapporti umani. Un modo lucidissimo per avvertirci che quanto stava annunciandosi – siamo negli anni in cui il free speech di Berkley diventava free soft, con un’evoluzione del tutto sfuggita alla sinistra europea in tutt’altre faccende affaccendata – costituiva una vorticosa trasformazione sociale di cui la tecnologia era solo la forma e il linguaggio.

Sarebbe bene ricordare quella lezione leggendo le ultime uscite di Andrea Casaleggio, che in un’intervista apparsa su “Huffingtonpost” il 21 novembre scorso ha tessuto le lodi di Amazon e dell’e-commerce. Tornando sulle orme del padre, egli ci fa intendere quale doveva essere la vera missione dei 5 Stelle: veicolo di una innovazione passiva della società italiana. Dobbiamo fare come fanno quelli che vincono in rete – fu il messaggio del fondatore della Casaleggio S.p.A nel primo incontro di Ivrea. Nessuno colse l’implicazione sociale di tale impennata. In un momento in cui la Silicon Valley, da grande fornace della digitalizzazione del mondo, diventava matrice di una nuova gerarchia sociale fra calcolanti e calcolati, agganciare il progresso tecnologico del paese agli interessi dei grandi service provider significava fissare una disciplina sociale e una subordinazione politica ferrea. In miniatura il modello per subordinare la democrazia alla proprietà della tecnologia fu proprio Rousseau, la piattaforma che ha organizzato e performato il movimento grillino, legandone ogni sussulto a una dettagliata raccolta di dati che ha imbrigliato i 5 Stelle in tutta la fase propulsiva.

Ora lo sfaldamento del movimento – soprattutto l’affiorare dell’eterogeneità dei fini e dei valori di una raccogliticcia formazione politica basata proprio sulla subordinazione a un unico centro di comando esoterico, dall’incomprensibile missione – mette a nudo la strategia che animava Casaleggio.

Si tratta, per certi versi, di una ripetizione del caso Berlusconi, quello di un gruppo industriale che fu portatore non di una semplice congerie di interessi corrotti, ma di una strategia di sottomissione del mercato del consumo italiano alle lobby esterne che tramite la liberalizzazione del sistema pubblicitario conquistarono i segmenti forti dell’economia nazionale. In soli otto anni, dal 1978 al 1986, l’offerta pubblicitaria televisiva in Italia eguagliò la massa di spot di Inghilterra, Francia e Germania messe assieme, passando da 98 miliardi a 4000 miliardi. Un moltiplicatore che non conosce precedenti nella storia economica dell’umanità. Oggi si ripropone il ruolo del mercato italiano come laboratorio globale: un mercato driver sui segmenti di qualità e trainante anche per le attitudini all’acquisto della popolazione. Come allora Fininvest scompaginò il sistema con la sua strategia d’assalto nella televisione commerciale, così oggi Amazon si propone di fare bingo combinando la sua leadership nel mercato delle memorie (controlla circa il 90 % del cloud della P.A.) e l’inglobamento degli scambi fra produttori e consumatori dei generi di largo consumo, così scardinando l’intera filiera distributiva del paese.

L’intromissione del monopolista nell’e-commerce impoverisce drasticamente il sistema socio-economico del paese, sottraendo al circuito commerciale l’accesso e la rielaborazione dei dati. Infatti, mentre da un lato Amazon offre un’opportunità anche a produttori periferici di arrivare ai grandi mercati internazionali, dall’altro impedisce loro di raccogliere e rielaborare dati sensibili che i consumatori disseminano nei loro acquisti, ostruendo la strada a ogni possibile evoluzione del comparto produttivo, e impedendo anche una connessione diretta fra utenti e produttori che possa, per esempio in tema di economia circolare o ecosostenibile, spingere il sistema industriale in una direzione virtuosa.

Siamo a uno snodo strategico che la politica non sembra presidiare, abbandonandolo alle lamentele miopi dei singoli corpi intermedi, come le associazioni dei commercianti o dei distributori di grandi marche. In questo gorgo, al di là delle polemiche fra i 5 Stelle, è in gioco un pezzo rilevante della sovranità nazionale, e soprattutto dell’autonomia culturale e tecnologica, in base alla quale si riorganizzano i linguaggi e le egemonie narrative del paese. Non a caso Amazon, per chiudere il cerchio, si propone oggi anche con una piattaforma televisiva, connettendo consumi, memorie e immaginario. Torniamo a McLuhan: il messaggio di un medium o di una tecnologia è nel mutamento di proporzioni, di ritmo e di schemi che introduce nei rapporti umani. Appunto. Ci sarà un partito o un sindacato che intende contrapporsi a questa nuova conquista?

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